Angelica
Angelica arcangelica e Angelica
Silvestre fanno pensare a due creature
celesti e soavissime che la dolcezza
stessa dei loro nomi solleva dalla
terra e trascina verso il cielo. E a ben
vedere, nonostante le loro solide e
utilissime radici affondino profondamente
nel terreno, la tradizione popolare
e colta le ha sempre messe in
relazione, per le loro virtù, con il cielo
e i suoi eterei abitanti.
Angelo Angelini, che nel «Serto di
Iside» la definisce come una delle
piante più preziose, riporta la leggenda
secondo cui Angelica sarebbe stata
donata agli uomini dall’Arcangelo
Tra noi e le piante esistono profondi e sottili legami, corrispondenze segrete che ci
uniscono a tutte le serene presenze vegetali che nei millenni hanno reso la vita dell’uomo
più sana, più bella e più felice.
Questi brevi articoli, quest’anno dedicati alle piante “segnate” dall’archetipo Sole,
considerano alcune creature vegetali dal punto di vista del loro significato simbolico,
e cercano di interpretare le ragioni della loro importanza nelle culture umane di ogni
tempo. Le piante che qui raccontano la loro storia segreta sono le più vicine all’esperienza
umana sotto il profilo della sopravvivenza alimentare, della presenza del sacro,
dell’eros e della sua forza, della cura delle malattie e dell’evoluzione spirituale.
Ciò che è nascosto in loro è nascosto in noi, perché facciamo parte dello stesso mistero,
che si manifesta nei loro poteri come nei nostri pensieri, nelle loro radici, foglie e
fiori come nelle nostre passioni.
Comprendere la forza profonda delle piante può aiutarci a capire meglio la nostra, e
ascoltare il loro messaggio, che è sempre di amore, può aiutare a farci sentire sempre
più parte del tempio vivente che è la natura.
«l’Arcangelo Gabriele è lo Spirito
della Luna, e il mito suggerisce
che questa preziosa pianta
solare proietta la sua luce,
apportatrice di potenza e calore,
che viene riflessa tanto sulle
funzioni secondarie quanto sulle
potenzialità».
Originaria del Nord, l’Angelica venne
presto importata e diffusa anche
nelle regioni alpine, ed era tenuta in
gran conto, dato che la si considerava
il più efficace rimedio conosciuto
contro la peste: scriveva infatti
Hieronimus Bosch nel 1550 che annusare
una radice di Angelica imbevuta
di aceto avrebbe preservato ogni
uomo dal contagio.
La tradizione popolare assicurava
inoltre che masticandone quotidianamente
la radice, Angelica garantisse
una straordinaria longevità: per chi
ama le cifre, fino a centoventi anni e
più! E se poteva salvare dal grande
flagello e dalla morte era davvero lecito
attribuirle poteri celesti e un
nome così importante.
La parola angelus, da cui il nome
angelica deriva, è un termine che il
latino riprende dal greco aggelos,
(anghelos) e che, grazie alla predicazione
cristiana si è diffuso in tutte
le lingue romanze e germaniche.
Anghelos, vale la pena notare, significa
letteralmente “il messaggero, il
tramite” e compare molto spesso nei
poemi omerici per indicare i messaggeri
degli dei e soprattutto Iride, l’arcobaleno.
Poi, con il tempo e con
l’evolvere delle forme espressive,
divenne il termine preciso e “tecnico”
per indicare gli esseri divini che
noi chiamiamo “angeli”.
Secondo alcuni studiosi, “anghelos”
proviene da un’antica lingua orientale,
forse l’antico persiano, forse
l’accadico, ed è molto vicino ad un
altro termine giunto in Grecia dalla
Persia: si tratta di “angaros”, che significa
“corriere a cavallo che porta
i dispacci reali”, e che descrive un
vero e proprio servizio di posta dell’antico
Impero Persiano, organizzato
con una rete ramificata di staffette
e di stazioni in tutto il territorio controllato
dai re di Persia.
In greco questo termine, e la famiglia
che da esso deriva, sta invece ad
indicare il lavoro non libero, coatto,
tipico del rapporto tra sovrano assoluto
e sudditi in Oriente, ed è l’origine
delle parole italiane “angheria”
e “angariare”.
Per traslato, poi, il termine angaros
definisce anche gli uomini requisiti
per compiti sgradevoli e forzati, privati
della loro volontà e ridotti a
semplici strumenti della volontà altrui,
i succubi.
Silvestre fanno pensare a due creature
celesti e soavissime che la dolcezza
stessa dei loro nomi solleva dalla
terra e trascina verso il cielo. E a ben
vedere, nonostante le loro solide e
utilissime radici affondino profondamente
nel terreno, la tradizione popolare
e colta le ha sempre messe in
relazione, per le loro virtù, con il cielo
e i suoi eterei abitanti.
Angelo Angelini, che nel «Serto di
Iside» la definisce come una delle
piante più preziose, riporta la leggenda
secondo cui Angelica sarebbe stata
donata agli uomini dall’Arcangelo
Tra noi e le piante esistono profondi e sottili legami, corrispondenze segrete che ci
uniscono a tutte le serene presenze vegetali che nei millenni hanno reso la vita dell’uomo
più sana, più bella e più felice.
Questi brevi articoli, quest’anno dedicati alle piante “segnate” dall’archetipo Sole,
considerano alcune creature vegetali dal punto di vista del loro significato simbolico,
e cercano di interpretare le ragioni della loro importanza nelle culture umane di ogni
tempo. Le piante che qui raccontano la loro storia segreta sono le più vicine all’esperienza
umana sotto il profilo della sopravvivenza alimentare, della presenza del sacro,
dell’eros e della sua forza, della cura delle malattie e dell’evoluzione spirituale.
Ciò che è nascosto in loro è nascosto in noi, perché facciamo parte dello stesso mistero,
che si manifesta nei loro poteri come nei nostri pensieri, nelle loro radici, foglie e
fiori come nelle nostre passioni.
Comprendere la forza profonda delle piante può aiutarci a capire meglio la nostra, e
ascoltare il loro messaggio, che è sempre di amore, può aiutare a farci sentire sempre
più parte del tempio vivente che è la natura.
«l’Arcangelo Gabriele è lo Spirito
della Luna, e il mito suggerisce
che questa preziosa pianta
solare proietta la sua luce,
apportatrice di potenza e calore,
che viene riflessa tanto sulle
funzioni secondarie quanto sulle
potenzialità».
Originaria del Nord, l’Angelica venne
presto importata e diffusa anche
nelle regioni alpine, ed era tenuta in
gran conto, dato che la si considerava
il più efficace rimedio conosciuto
contro la peste: scriveva infatti
Hieronimus Bosch nel 1550 che annusare
una radice di Angelica imbevuta
di aceto avrebbe preservato ogni
uomo dal contagio.
La tradizione popolare assicurava
inoltre che masticandone quotidianamente
la radice, Angelica garantisse
una straordinaria longevità: per chi
ama le cifre, fino a centoventi anni e
più! E se poteva salvare dal grande
flagello e dalla morte era davvero lecito
attribuirle poteri celesti e un
nome così importante.
La parola angelus, da cui il nome
angelica deriva, è un termine che il
latino riprende dal greco aggelos,
(anghelos) e che, grazie alla predicazione
cristiana si è diffuso in tutte
le lingue romanze e germaniche.
Anghelos, vale la pena notare, significa
letteralmente “il messaggero, il
tramite” e compare molto spesso nei
poemi omerici per indicare i messaggeri
degli dei e soprattutto Iride, l’arcobaleno.
Poi, con il tempo e con
l’evolvere delle forme espressive,
divenne il termine preciso e “tecnico”
per indicare gli esseri divini che
noi chiamiamo “angeli”.
Secondo alcuni studiosi, “anghelos”
proviene da un’antica lingua orientale,
forse l’antico persiano, forse
l’accadico, ed è molto vicino ad un
altro termine giunto in Grecia dalla
Persia: si tratta di “angaros”, che significa
“corriere a cavallo che porta
i dispacci reali”, e che descrive un
vero e proprio servizio di posta dell’antico
Impero Persiano, organizzato
con una rete ramificata di staffette
e di stazioni in tutto il territorio controllato
dai re di Persia.
In greco questo termine, e la famiglia
che da esso deriva, sta invece ad
indicare il lavoro non libero, coatto,
tipico del rapporto tra sovrano assoluto
e sudditi in Oriente, ed è l’origine
delle parole italiane “angheria”
e “angariare”.
Per traslato, poi, il termine angaros
definisce anche gli uomini requisiti
per compiti sgradevoli e forzati, privati
della loro volontà e ridotti a
semplici strumenti della volontà altrui,
i succubi.
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