L'Elefante
L'elefante è considerato emblema di castità e di temperanza. E' un simbolo molto positivo, è considerato saggio e anche particolarmente casto poichè lo si riteneva frigido. In ambito magico-popolare questa figura fu notoriamente sentita come segno beneaugurale. Spesso è inserito di fronte all'albero della vita tra riffigurazioni di vegetazione rigogliosa, o è collocato fra gli abitanti del paradiso terrestre. Lo si ritrova anche nella tipologia mariana come modello di castità e di forza e di "torre eburnea" per la costruzione della torre che portava nelle spedizioni militari. L'elefantessa partoriva il suo piccolo nell'acqua di una palude, mentre il maschio faceva la guardia per scacciare il drago minaccioso. La figura dell'elefante è anche un simbolo del battesimo.
La tipologia dell'elefante è la stessa sia nel Fisiologo greco che nel Bestiario latino che in quello d'amore. In tutti e tre i testi l'elefante è raffigurato come nemico del serpente (che nel Bestiario d'amore diventa un drago), che rappresenta il male. La femmina dell'elefante, quando giunge l'epoca in cui deve partorire, per proteggersi dal serpente se ne va in uno stagno d'acqua e vi entra finché l'acqua non le giunga fino alle mammelle, e poi partorisce il figlio sull'acqua. Mentre partorisce, l'elefante maschio la protegge dal serpente, poiché il serpente è nemico dell'elefante, e quando l'elefante lo trova, lo calpesta e lo uccide. Per la sua forza l'elefante è anche utilizzato nelle imprese belliche.
Nel Bestiario d'amore la storia è simile, ma il male, cioè in questo caso il drago, rappresenta chi svela i segreti d'amore che gli sono stati confidati.
Considerare l’elefante un simbolo di saggezza, come avviene con l’elefantino della Minerva, è un’antica tradizione proveniente dai paesi orientali che sembra diffondersi in occidente solo durante l’età rinascimentale (esemplare il progetto della Minerva che può introdurci al clima di appassionato studio dei geroglifici egiziani). In oriente l’elefante è stato sempre considerato un animale sacro, intelligente e dotato di una grande forza. In Asia veniva addomesticato così da servire da cavalcatura reale, divenendo simbolo di potenza ultraterrena.In India era invece simbolo di stabilità, di immutabilità addirittura del macro-cosmo; fu un elefante bianco infatti ad annunciare la nascita del Buddha. Per l’Induismo, Ganesha, il dio della scrittura e della sapienza, è raffigurato con la testa a forma di elefante. Come l’elefante della Minerva, anche quello venerato in Tibet è dotato di grande robustezza: tanta da sorreggere addirittura il peso del mondo e dell’universo, divenendo simbolo cosmico. Nell’antica Cina infine, era il simbolo della forza e della sapienza.
A Roma invece fu un elefante in carne ed ossa ad attirare su di sé le simpatie e le attenzioni del popolo, ma soprattutto di papa Leone X de’ Medici, che lo ricevette in dono dal re del Portogallo nel 1514, per la sua consacrazione. Si chiamava Annone e il papa dispose per lui un ambiente nel cortile del Belvedere in Vaticano e addirittura un custode e “pedagogo” (come lo definì l’Aretino) personale. I cronisti dell’epoca parlano di lui come di un animale straordinariamente intelligente e che spesso si prestava a balli, spruzzi d’acqua con la proboscide e scherzi vari. Un famoso episodio venne immortalato da Giovanni da Udine su disegno di Raffaello per un pannello decorativo delle porte tra la Stanza di Eliodoro e quella della Segnatura in Vaticano: si tratta dell’incoronazione del poeta Baraballo che doveva avvenire in Campidoglio dopo aver attraversato la città in groppa ad Annone. Ma l’elefante, che secondo i cronisti giudicò il poeta troppo vanesio, se lo scrollò di dosso mentre attraversava il ponte S.Angelo e ritornò dignitosamente nella stalla, scatenando l’ilarità generale.
Annone venne raffigurato da molti artisti tra cui ancora Giovanni da Udine che ne scolpì la testa per una fontana laterale di villa Madama, progettata da Raffaello.
La tipologia dell'elefante è la stessa sia nel Fisiologo greco che nel Bestiario latino che in quello d'amore. In tutti e tre i testi l'elefante è raffigurato come nemico del serpente (che nel Bestiario d'amore diventa un drago), che rappresenta il male. La femmina dell'elefante, quando giunge l'epoca in cui deve partorire, per proteggersi dal serpente se ne va in uno stagno d'acqua e vi entra finché l'acqua non le giunga fino alle mammelle, e poi partorisce il figlio sull'acqua. Mentre partorisce, l'elefante maschio la protegge dal serpente, poiché il serpente è nemico dell'elefante, e quando l'elefante lo trova, lo calpesta e lo uccide. Per la sua forza l'elefante è anche utilizzato nelle imprese belliche.
Nel Bestiario d'amore la storia è simile, ma il male, cioè in questo caso il drago, rappresenta chi svela i segreti d'amore che gli sono stati confidati.
Considerare l’elefante un simbolo di saggezza, come avviene con l’elefantino della Minerva, è un’antica tradizione proveniente dai paesi orientali che sembra diffondersi in occidente solo durante l’età rinascimentale (esemplare il progetto della Minerva che può introdurci al clima di appassionato studio dei geroglifici egiziani). In oriente l’elefante è stato sempre considerato un animale sacro, intelligente e dotato di una grande forza. In Asia veniva addomesticato così da servire da cavalcatura reale, divenendo simbolo di potenza ultraterrena.In India era invece simbolo di stabilità, di immutabilità addirittura del macro-cosmo; fu un elefante bianco infatti ad annunciare la nascita del Buddha. Per l’Induismo, Ganesha, il dio della scrittura e della sapienza, è raffigurato con la testa a forma di elefante. Come l’elefante della Minerva, anche quello venerato in Tibet è dotato di grande robustezza: tanta da sorreggere addirittura il peso del mondo e dell’universo, divenendo simbolo cosmico. Nell’antica Cina infine, era il simbolo della forza e della sapienza.
A Roma invece fu un elefante in carne ed ossa ad attirare su di sé le simpatie e le attenzioni del popolo, ma soprattutto di papa Leone X de’ Medici, che lo ricevette in dono dal re del Portogallo nel 1514, per la sua consacrazione. Si chiamava Annone e il papa dispose per lui un ambiente nel cortile del Belvedere in Vaticano e addirittura un custode e “pedagogo” (come lo definì l’Aretino) personale. I cronisti dell’epoca parlano di lui come di un animale straordinariamente intelligente e che spesso si prestava a balli, spruzzi d’acqua con la proboscide e scherzi vari. Un famoso episodio venne immortalato da Giovanni da Udine su disegno di Raffaello per un pannello decorativo delle porte tra la Stanza di Eliodoro e quella della Segnatura in Vaticano: si tratta dell’incoronazione del poeta Baraballo che doveva avvenire in Campidoglio dopo aver attraversato la città in groppa ad Annone. Ma l’elefante, che secondo i cronisti giudicò il poeta troppo vanesio, se lo scrollò di dosso mentre attraversava il ponte S.Angelo e ritornò dignitosamente nella stalla, scatenando l’ilarità generale.
Annone venne raffigurato da molti artisti tra cui ancora Giovanni da Udine che ne scolpì la testa per una fontana laterale di villa Madama, progettata da Raffaello.
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